Badr Faouzi


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  1. Dante comincia la sua carriera politica nel comune di Firenze schierandosi dalla parte dei guelfi bianchi. All’inizio diviene capitano del popolo (carica comunale), poi entra a far parte del consiglio dei dieci e, infine, diventa uno dei 6 priori, carica tra le più ambite. Nel 1300 è costretto a condannare l’amico e maestro Cavalcanti all’esilio. Il poeta, rientrato poco dopo per via delle sue pessime condizioni di salute, muore dieci giorni dopo il suo rientro in città. In quegli anni papa Bonifacio VIII, convinto che il potere papale superasse quello temporale, inizia ad esercitare il suo potere su Firenze. I guelfi bianchi mandano Dante come ambasciatore presso il Papa. È l’inizio della fine: durante la sua assenza i guelfi neri prendono il potere e firmano la sua condanna in contumacia confiscandogli tutti i beni e richiedendo il pagamento di 5000 fiorini d’oro. Dante non verserà mai questa somma e verrà quindi condannato al rogo in caso di rientro a Firenze. Inizia così il suo vagabondare per l’Italia in veste di intellettuale cortigiano (condizione poco dignitosa a cui si fa riferimento anche nella Commedia).

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